Free to Run

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Dalle strade di New York ai sentieri delle Alpi svizzere, da Sao Paulo a Parigi, Pechino o Sydney, la corsa è uno sport che unisce milioni di persone in tutto il mondo.
Solamente 50 anni fa, la corsa era  considerata un’attività bigotta, riservata esclusivamente agli uomini. Qualsiasi persona che correva all’aria aperta era  considerata, nella migliore degli ipotesi eccentrica e nel peggiore dei casi pericolosamente sovversiva.
Molti pionieri della corsa a lunga distanza raccontavano con divertimento: “Se la polizia vedeva qualcuno correre per strada, lo arrestava con la presunzione che fosse o un delinquente o un criminale che scappava”.
Gli anni sessanta sono stati anni di proteste. Correre divenne un atto di libertà e di auto-espressione. Nel 1967 l’americana Kathrine Switzer partecipò illegalmente alla maratona di Boston ma fu vista dal direttore che cominciò a inseguirla con l’intenzione di strappare il numero di pettorale e farla ritirare dalla gara. Difesa dal fidanzato lei riuscì a finire la gara. Fu un vero shock,  ma Switzer divenne il simbolo femminile per i diritti di uguaglianza nello sport.
Le donne hanno dovuto lottare persino per ottenere il semplice diritto di correre. Da Bobbi Gibb e Kathrine Switzer (le prime donne a partecipare alla maratona di Boston) a Fred Lebow (l’inventore della maratona di New York) e Steve Prefontaine (il James Dean delle piste), un inno al grido di Liberté, Égalité, Course à pied. Il film, con la voce narrante di LINUS, racconta la storia della corsa vista dai suoi pionieri e dai suoi campioni ed è stato presentato con successo in anteprima nazionale al Festival dei Diritti Umani, presso la Triennale di Milano.
  • Pierre Morath
  • Giugno 2017
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